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L’aumento di capitale “garantito”

SOMMARIO: 1. L’operazione: il rilascio cli dichiarazioni e garanzie patrimoniali-reddituali da parte della società nel caso di aumento del capitale. –  2. Le soluzioni al problema ne­ gli altri ordinamenti. – 3. Casi di responsabilità della società e risarcimento o indennizzo a favore del socio: in particolare il dibattito sulla responsabilità da prospetto. – 4. Compatibilità della prestazione delle garanzie contrattuali da parte della società con il divieto di restituzione ai soci dei conferimenti (e del soprapprezzo) e di patto leonino. – 5. Compatibilità delle clausole con il divieto di assistenza finanziaria. – 6. Ulteriori considerazioni: causa societatis del rapporto e limiti all’operazione. – 7. “Impugnazione” del ·”contratto di sottoscrizione” o sottoscrizione di azioni proprie da parte della società? Possibili soluzioni alternative per effettuare l’operazione.

1. Non sono rari nella prassi nazionale e internazionale i casi in cui la società per azioni che è in procinto di aumentare il proprio capitale so­ cale stipuli _con un terzo non ancora azionista un contratto con il quale, a fronte dell’impegno del terzo a sottoscrivere il programmato aumento di capitale (con esclusione del diritto d’opzione dei vecchi azionisti), la società presti garanzie contrattuali relative, oltre che alle partecipazioni che sa, ranno emesse, al sottostante patrimonio sociale. Si tratta delle clausole di rappresentazione e garanzia (spesso definite direttamente con la terminologia degli ordinamenti da cui sono state mutuate, ossia rèpresentations and warranties), che Costituiscono ormai elemento naturale dei contratti di vendita della partecipazione di “controllo” e che sono già state analizzate dà parte della dottrina e della giurisprudenza: con tali previsioni la società si impegna a indennizzare il terzo nel caso in cui le partecipazioni emesse a fronte dell’aumento di capitale e (soprattutto) il patrimonio della società non presentino determinate caratteristiche oppure nel c o    in cui si verifichino eventi che comportano dei rilevanti effetti sfavorevoli sulla situazione aziendale (1). L’opportunità dell’inserimento delle dichiarazioni e garanzie nei contratti di vendita del “controllo” si giustifica, come noto, in base all’interpretazione secondo cui costituiscono vizi e difetti oggetto della tutela legale (artt. 1478 ss.) solo quelli che riguardano le azioni come titoli di partecipazione·, e non invece quelli che inficiano la consistenza patrimoniale della società. In termini sintetici, costituisce un vizio o difetto delle azioni che permette all’acquirente di avvalersi della garanzia della vendita solo, ad esempio, la circostanza che siano trasferite azioni a voto limitato, anziché ordinarie, oppure azioni sulle quali insistano vincoli che non con­ sentono il pieno· esercizio dei diritti sociali; non invece la mancanza, nel patrimonio della società, di un determinato brevetto, di un certo immobile, di un particolare contratto (2). A fronte di questa prevalente e restrittiva interpretazione – che forse è tempo sia oggetto di ripensamento – Si è sviluppata la prassi di inserire nei contratti aventi ad oggetto il trasferimento di partecipazioni totalitarie o di “controllo” a qualunque titolo (si tratti di vendita, oppure di permuta, di conferimento, di scissione, ecc.) determinate clausole volte a tutelare l’avente causa, in modo tale da assicurare che il bene oggetto dello scambio presenti specifiche caratteristiche (e in partico­ lare che nel patrimonio della società vi siano quel diritto di proprietà industriale, un determinato immobile privo di vizi, ecc.). Per il compratore non è infatti sufficiente che le azioni come titoli di partecipazione siano immuni da vizi, ma è necessario che il patrimonio della società (che è ciò che più interessa) presenti determinati requisiti la cui sussistenza venga dichiarata e/o garantita dal venditore (in mancanza, ai sensi dell’interpretazione esposta, di una diretta tutela ex lege).
Nell’aumento del capitale le clausole di rappresentazione e garanzia vengono anzitutto in discussione ·quando vi è l’ingresso di un nuovo socio che “finanzia” la società con capitale di rischio nell’ambito di operazioni di venture capital. Il terzo si impegna preventivamente a sottoscrivere il fu­ turo aumento (e spesso anche a rimanere socio per un determinato periodo di tempo); ma pretende che vi sia la prestazione delle menzionate dichiara­ zioni e garanzie sulle partecipazioni e sulla situazione patrimoniale, e che esse siano assunte anche dalla società, e non solo dai soci (3): questa richiesta si giustifica o perché nessuno dei vecchi soci è disposto a prestarle personalmente, o perché l’investitore non si ritiene sufficientemente garantito dal patrimonio di tali soci (4).
Per le medesime ragioni la prestazione di garanzie da parte della società viene richiesta nel caso di operazioni più complesse, volte a determinare in senso economico la riunione di più imprese (c.d. business combination): da un lato può avvenire che, a fronte dell’aumento di capitale, il terzo si impegni a conferire la propria azienda attiva nello stesso settore (5); dall’altro può accadere che vi sia –   anche per la convenienza fiscale dell’operazione – una sostanziale permuta di quote. In quest’ultimo caso le azioni emesse a fronte dell’aumento di capitale vengono utilizzate per acquisire (non direttamente l’azienda ma) la partecipazione di “controllo” della società che si intende integrare, con la conseguenza che il socio di riferimento di quest’ultima riceve a fronte del conferimento le partecipazioni della società che dà corso all’aumento (6).
Le operazioni così congegnate pongono, dal punto di vista del diritto societario, alcune delicate questioni, che attengono non solo all’attuazione dell’aumento  di capitale  (ad es.: limiti all’esclusione del  diritto di opzione ex art. 2441 e.e.; limiti alla delega all’organo amministrativo per l’esecuzione dell’operazione alla luce del nuovo art. 2443 e.e.; informativa  ai soci di minoranza; ecc.) (7); ma anche alla validità ed efficacia delle dichiara­ zioni e garanzie prestate dalla società che procede all’aumento a favore del sottoscrittore (o del consorzio delle banche che si impegna a sottoscrivere e collocare le azioni sul mercato. (8)). Quest’ultimo profilo –   diversamente dal primo – non è stato oggetto di specifica analisi nella letteratura (italiana) e merita un approfondimento.

2. Il tema è stato particolarmente studiato in Francia, in Germania e in Inghilterra, anche se a quanto risulta non è ancora stato affrontato direttamente dalla giurisprudenza.
Nell’ordinamento transalpino si è concluso in linea di principio per la validità delle clausole che contengono le menzionate dichiarazioni e garanzie; l’impressione è tuttavia che l’argomento sia stato trattato in modo piuttosto superficiale. Le regole che in astratto potrebbero risultare violate dal­ le operazioni in questione sollo, per gli autori francesi, – gli artt. 225-128 e 225-216, alinea I, code de commercè. La prima disposizione vieta l’emissione delle azioni ad un prezzo inferiore al loro valore nominale (come il previgente art. 2346 e.e. (9)): cori le dichiarazioni e garanzie in esame il socio riceverebbe, a seguito del verificarsi della sopravvenienza passiva e della conseguente prestazione dell’indennizzo, un “rimborso” di parte del conferimento; tale rimborso potrebbe-comportare in sostanza un’emissione sotto la pari. Si è tuttavia osservato che le clausole in esame devono ritenersi valide, purché mantengano il tetto all’indennizzo (che eventualmente, e quindi in caso di non corrispondenza del patrimonio sociale o di sopravvenienze passive, dovrà essere versato al terzo) nei limiti del soprapprezzo (10); ossia purché l’importo indennizzabile (il  c.d. cap), che costituisce la Soglia quantitativa massima alle prestazioni di garanzia, venga convenzionalmente predeterminato in modo da non superare l’entità della somma versata dal nuovo socio a titolo di soprapprezzo (li). Nell’ordinamento francese, infatti, il soprapprezzo è a disposizione degli azionisti che lo possono utilizzare come una “riserva libera” (12): il divieto di emissione delle azioni sotto il valore nominale non verrebbe dunque violato, in quanto l’indennizzo sarebbe al massimo limitato alla somma versata a titolo di soprapprezzo (13). Secondo una tesi più “morbida” l’indennizzo potrebbe altresì superare il soprapprezzo; in quanto la prestazione di garanzia non determina una revisione del prezzo di emissione delle partecipazioni socia­ li, ma comporta per la società un’obbligazione autonoma e indipendente, quella di indennizzo, che non può costituire in quanto tale violazione del divieto dell’emissione sotto la pari (14).
L’art. 225-216, alinea I, code de commerce statuisce d’altra parte che la società non può co cedere una garanzia in vista della _sottoscrizione o dell’acquisto di proprie azioni da parte dei terzi (divieto di financial assistance). Tuttavia, osservano gli autori francesi, le warranties in esame da  un lato hanno lo scopo non già di garantire il pagamento di un debito contratto per l’acquisto delle partecipazioni, ma solo di garantire al terzo determinate caratteristiche di quest’ultime o del patrimonio sociale (15); dall’altro costituiscono pattuizioni autonome, e non un’obbligazione accessoria in favore del garantito (16). Da ciò consegue –   per gli autori in esame –    che la prestazione da parte della società delle clausole di garanzia non viola neppure la norma citata, nonostante la dottrina francese si esprima per lo più in senso favorevole ad un’interpretazione estensiva della nozione di garanzia che il divieto di assistenza finanziaria vuole impedire (17).
Ben altro approfondimento è stato riservato al tema dalla dottrina tedesca, la quale è pervenuta ad una conclusione tendenzialmente negativa in merito alla validità delle dichiarazioni e garanzie in esame.
In primo luogo, si è osservato che clausole siffatte violano la norma (§ 57 Abs. I AktG) che vieta la restituzione ai soci dei conferimenti (18): tale disposizione proibisce, a pena di nullità, ogni forma diretta o indiretta di prestazione restitutoria da parte della società che trovi il proprio fondamento nella qualità di socio della controparte; rileva, a tal fine, anche l’attribuzione patrimoniale che trova causa nella futura qualità di socio (19).
Al riguardo si è obiettato, al fine di salvare la validità dell’operazione, che la prestazione delle garanzie in esame non è giustificata dalla qualità di (futuro) socio del sottoscrittore, ma costituisce una prestazione comune del venditore nel caso di alienazione di partecipazioni sociali. Poiché sono sottratti al divieto imposto dalla norma del § 57 AktG i negozi conclusi tra la società e un socio (presente o futuro) at arm’s length, ossia i negozi che un diligente amministratore avrebbe concluso nelle stesse circostanze alle medesime condizioni sul mercato con un non azionista (20), tali clausole non rappresenterebbero un’attribuzione patrimoniale vietata dal § 57 AktG; del resto hanno lo scopo di  assicurare il  rapporto  di equivalenza tra  apporto (sia esso un’azienda; un pacchetto di controllo; un know-how del sottoscrittore), da un lato, e il valore dell’investimento, dall’altro (21). L’obiezione è però oggetto di critica, in quanto –   si è sostenuto –   pare confondere il piano dei rapporti contrattuali tra le parti e le regole sul mantenimento del capitale sociale (e salvo che si ritengano violati, come da parte di alcuni si sostiene, addirittura i principi sulla corretta formazione del capitale sociale) (22).