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Il fallimento della società estinta

SOMMARIO: 1. La disciplina dell’estinzione della società e le nuove ipotesi di cancellazione dal registro delle imprese. -2.  L’art. 10 1. fall. e (alcuni) problemi conseguenti. – 3. Questioni in tema di fallimento di società di persone estinte. – 4. Il fallimento delle società non iscritte nel registro delle imprese. – 5. La tutela dei creditori prima della iscrizione della cancellazione della società dal registro delle imprese e dopo tale iscrizione. La responsabilità dei liquidatori per debito o per danni.

1. La disciplina dell’estinzione della società e le nuove ipotesi di cancellazione dal registro delle imprese. A seguito del nuovo art. 2495, 2° comma, c.c. si deve ritenere certo che la società (per lo meno di capitali (1) sia da considerarsi estinta con l’approvazione del bilancio finale di liquidazione e la successiva iscrizione della cancellazione della società dal registro delle imprese (2).
Non si può quindi più sostenere, come faceva la giurisprudenza prevalente nel vigore della precedente norma dell’art. 2456 c.c., che la società continui ad esistere finché tutti i rapporti ad essa facenti capo, siano essi attivi o passivi, sostanziali o processuali, non siano stati completamente definiti (3). Il legislatore, con l’inserimento dell’inciso “ferma restando l’estinzione della società” nel 2° comma dell’art. 2495 c.c., ha in sostanza accolto l’indirizzo decisamente prevalente in dottrina secondo il quale la società come soggetto di diritto deve considerarsi estinta dal momento dell’attuazione della pubblicità nel registro delle imprese, mediante iscrizione del fatto estintivo (la cancellazione della società). Tale conclusione deve ritenersi ferma anche qualora la società sia stata cancellata in presenza di debiti non soddisfatti e di rapporti processuali pendenti (4): non avrebbe altrimenti senso il nuovo art. IO I. fall. che, come vedremo, assoggetta l’ente estinto a fallimento per un anno dalla data dell’iscrizione della cancellazione nel registro delle imprese (considerare  che la norma sia stata pensata solo per l’ipotesi in cui sopravvengano debiti successivamente alla cancellazione pare, infatti, poco convincente, pur se è vero che l’insolvenza può dipendere anche da fatti  successivi  all’iscrizione della cancellazione); non avrebbe altrimenti senso il nuovo art. 2490 c.c., che prevede l’iscrizione della cancellazione d’ufficio.
Rimane aperto il problema della natura della responsabilità dei soci (art. 2495, 2° comma, c.c.) a seguito dell’estinzione dell’ente (5) (problema che ha rilevanti, e – se non inteso correttamente – inquietanti, effetti processuali (6); in relazione al momento dell’estinzione dell’imprenditore collettivo è stata però fatta chiarezza (anche la giurisprudenza della Cassazione ha da ultimo mutato il proprio granitico orientamento precedente) (7).
Successivamente alla riforma del diritto societario, che ha chiarito il collegamento tra cancellazione dal registro delle imprese ed estinzione della società, si è verificata una proliferazione di norme in tema di iscrizione della cancellazione delle società dal registro delle imprese.
Già il legislatore delegato aveva introdotto, con riferimento alle società di capitali, due ipotesi di iscrizione d’ufficio della cancellazione nel registro delle imprese, una delle quali si verifica nel caso di mancanza di un’attività liquidativa: il mancato deposito del bilancio in fase di liquidazione (ex art. 2490, I O comma, c.c.) per tre anni consecutivi determina, ai sensi dell’art. 2490, 6° comma, c.c., l’obbligo per l’ufficio del registro delle imprese di provvedere alla iscrizione della cancellazione della società «con gli effetti previsti dall’art. 2495 c.c.» (8) Inoltre, ai sensi dell’art. 223 quater, 2° comma disp. att., nel caso di iscrizione della società nel registro delle imprese avvenuta senza l’autorizzazione di cui all’art. 2329, numero 3), c.c. l’autorità competente al rilascio di tale autorizzazione può proporre istanza per la «cancellazione della società dal registro»; tuttavia, nel caso di accoglimento dell’istanza da parte del tribunale, si applica l’art. 2332 c.c., e quindi la procedura da seguire per il caso di nullità della società. Sembra quindi che la norma si esprima in realtà impropriamente e non regoli direttamente un’ipotesi di estinzione in seguito all’iscrizione della cancellazione, bensì di scioglimento della società (9), con nomina dei liquidatori da parte del tribunale (art. 2332, 4° comma, c.c.) e successiva liquidazione ed estinzione (10)

A queste disposizioni hanno fatto seguito:
– il d.p.r. n. 247 del 23 luglio 2004, che, con riferimento alle società di persone, ha previsto (all’art. 3) l’avvio del procedimento (definito) di cancellazione della società qualora si verifichi una delle cinque ipotesi stabilite in tale articolo 11, previa audizione degli amministratori ed eventuale nomina del liquidatore da parte del Presidente del Tribunale; già la dottrina 12 ha evidenziato le peculiarità di questo  decreto, che (solo per fare un esempio) considera la mancata ricostituzione dei soci nel termine di sei mesi una causa di apertura del procedimento d’ufficio di cancellazione (e non di scioglimento e liquidazione). Anche in questo caso – come in quello già menzionato, dell’art. 223 quater, 2° comma, disp. att. – può ritenersi che il d.p.r. preveda in realtà un procedimento d’ufficio di apertura della liquidazione con conseguente cancellazione all’esito del procedimento 13;
– la norma dell’art. 1, III° comma, Ln.296 del 2006 (legge finanziaria), che prevede la cancellazione delle società di comodo ai fini di fruire della disciplina fiscale di favore;
– infine, introdotto dalla legge di riforma del diritto fallimentare del 2006, l’art. 118, 2° comma, I. fall. prevede l’iscrizione automatica della cancellazione nel registro delle imprese della società in caso di chiusura del fallimento. La norma, già si era sottolineato in dottrina 14, doveva es­ sere interpretata restrittivamente (nel senso che il curatore potesse procedere all’iscrizione della cancellazione solo quando ve ne fossero i presupposti: ad es. per mancanza di attivo); altrimenti – sulla base della lettera della disposizione – si sarebbe giunti all’assurda conclusione di dover disporre sempre automaticamente l’estinzione della società, anche qualora la chiusura del fallimento fosse derivata dal soddisfacimento integrale dei creditori o dalla mancanza di domande di ammissione al passivo. Nel senso auspicato si è poi espresso il d.lgsl. n. 169 del 2007, che ha specificato nel testo della norma che solo in caso di ripartizione finale dell’attivo o di mancanza di quest’ultimo il curatore deve chiedere l’iscrizione della cancellazione.